C come… cultura d’impresa!

C come… cultura d’impresa!


[in Miniguida alle Linee guida dell’Educazione Civica]

Professore: Buongiorno ragazzi! Oggi parliamo di “cultura d’impresa”. Sì, lo so, sembra uno di quei discorsi che fanno i dirigenti in giacca e cravatta mentre sorseggiano caffè pregiato in una sala riunioni piena di grafici incomprensibili. Ma, tranquilli, prometto che non vi farò addormentare… o almeno ci provo! Prima che cominciate a lanciare sbadigli a tradimento, vi faccio una domanda semplice: qual è la prima cosa che vi viene in mente quando sentite la parola “impresa”? Coraggio, non siate timidi! Chi alza la mano?

Classe: Soldi! (rispondono in coro con un sorriso malizioso)

Professore: Ah, perfetto! Non potevo sperare in una risposta migliore! Vedete, è normale pensare subito ai soldi, ai profitti. È ciò che viene in mente a tutti, dai giovanotti con i jeans strappati ai vecchietti col cappello in testa. Per molti, un’impresa è solo un modo elegante per dire “fare soldi”. Ma, attenzione! Oggi vi sfido a guardare oltre i soldi. E per farlo, vi chiedo di mettervi nei panni di un amministratore delegato per un giorno. Ecco le opzioni, per voi giovani manager in carriera:

  1. Massimizzare i profitti a tutti i costi.
  2. Creare un ambiente di lavoro felice e sano.
  3. Innovare senza preoccuparsi delle conseguenze sociali e ambientali.

Bene, vedo che molti di voi hanno scelto la prima opzione. Non c’è da sorprendersi! Siete già dei piccoli magnati del profitto!. Nella vostra visione, l’impresa è una macchina per fare denaro: più ne entra, meglio è. Se qualcosa si mette di traverso? Si spazza via! È una logica da “fame da lupo”. Ma… e se vi dicessi che questa visione è un po’… limitata? Anzi, diciamolo chiaramente: è vecchia, tipo videogioco degli anni ’90. Avete presente quei giochi in cui si correva solo per raccogliere tutte le monete d’oro? Ecco, bello, sì, ma un po’ superato, no?

Riccardo: Ma se un’azienda non pensa ai profitti, come fa a restare in piedi?

Professore: Bella domanda! Qui non si tratta di rinunciare al profitto, senza guadagno, un’azienda chiude bottega, è chiaro come il sole. Ma pensare solo ai profitti è pericoloso. Immaginate un’impresa che corre a rotta di collo dietro ai soldi senza mai fermarsi a riflettere. Alla fine, cosa succede? L’ambiente si degrada e soffre, le persone diventano solo numeri e soffrono… e chi vince davvero? Nessuno. Perché anche se l’azienda guadagna tanto, lo fa a discapito di tutto il resto. E questo non è affatto sostenibile, né per l’azienda né per il mondo che la circonda.

Giulia: Quindi le aziende dovrebbero essere più rispettose dell’ambiente?

Professore: Esatto! Giulia, hai colto nel segno! Oggi si parla tantissimo di sostenibilità, che è una parola trendy per dire: “Cerchiamo di non far collassare il pianeta sotto i nostri piedi “. Ma attenzione, non si tratta solo di piantare alberi e ripulire gli oceani (anche se, va detto, sarebbe già un gran bel risultato!). La sostenibilità riguarda anche le persone: significa pensare ai lavoratori, ai clienti, e persino a chi non vediamo mai, ma che è toccato dalle nostre scelte e dalle nostre azioni. Ed eccoci al cuore della questione: evitare che le imprese continuino a essere solo macchine da soldi e fare in modo che diventino un sistema basato su tre pilastri fondamentali: profitto, sostenibilità e responsabilità sociale. Ora ve li spiego uno per uno, e mi raccomando, prendete appunti, e magari un giorno mi ringrazierete!

1.  Profitto 

       Partiamo dal profitto e chiariamoci subito: i soldi sono importanti, nessuno vuole demonizzarli. Un’azienda che non guadagna chiude, semplice. Ma il profitto non deve essere l’unico obiettivo. Pensate al profitto come il traguardo di un videogioco: sì, l’obiettivo è arrivare alla fine del livello, ma se lungo il percorso raccogliete anche i bonus, tipo il benessere dei dipendenti, il rispetto per l’ambiente, o i benefici per la comunità, non diventa tutto più facile anche per voi? Un’azienda che cerca di raccogliere questi bonus vincerebbe su più fronti, non solo su quello finanziario.

  1. Sostenibilità

Non fate l’errore di pensare alla sostenibilità solo come “piantiamo alberi e salviamo le balene” (che, comunque, sarebbe già fantastico). E’ molto di più! Significa trovare alternative per non  consumare tutte le risorse a disposizione. Facciamo un esempio: avete mai sentito parlare di aziende che creano oggetti con materiali riciclati? Non lo fanno solo perché “fa figo”. Lo fanno perché hanno capito che le risorse del pianeta non sono infinite. Quindi, pensare alla sostenibilità significa dire: “Ehi, forse possiamo trovare un modo di fare affari senza distruggere tutto ciò che ci circonda”. È come fare una torta e assicurarsi che ci siano abbastanza ingredienti anche per le prossime feste. Non vorremmo mica restare senza! Significa assicurarsi che il proprio modello di business non inquini, non sfrutti le persone  e rispetti i ritmi della natura.

  1. Responsabilità Sociale 

Un’azienda non è un’isola, ma parte di una rete, di una comunità Se un’impresa chiude una fabbrica in un piccolo paese, che succede? Le persone perdono il lavoro, il paese si impoverisce, e così via. Ecco perché le imprese devono prendersi cura del tessuto sociale in cui operano. Un esempio? Aziende che investono in progetti per migliorare le condizioni di vita nelle comunità locali. Non solo creano un ambiente di lavoro migliore, ma rafforzano anche il legame con il territorio.

Renzo: Quindi, che fare?

Renzo, qui entra in gioco l’idea di “autonomia individuale bilanciata”. Avere autonomia significa poter fare le proprie scelte, ma questo comporta anche una responsabilità verso gli altri. Quando guidate, potete decidere dove andare, ma dovete rispettare le regole della strada, giusto?

 Lo stesso vale per le imprese. Libertà di fare business, certo, ma con la consapevolezza che ogni decisione ha un impatto sugli altri. Certo, l’autonomia individuale è importante, ma deve essere sempre bilanciata dalla responsabilità sociale e ambientale.
È come essere un supereroe: puoi usare i tuoi poteri, ma devi farlo in modo responsabile. Non si è mai sentito di un supereroe che non pensasse a salvare le comunità e le città, ma solo a gonfiare il proprio portafoglio. Giusto, ragazzi? La cultura d’impresa non può ridursi a una caccia al tesoro per accumulare ricchezze. Ogni decisione deve essere assunta  con coscienza, pensando non solo al proprio benessere, ma a quello dell’umanità intera e del pianeta, la nostra casa comune. E  se un’impresa riesce a fare soldi mentre aiuta la società e rispetta l’ambiente, allora sì che meriterebbe di essere clonata con l’intelligenza artificiale.

 Elena: Quindi alla fine, non è solo questione di soldi, ma di fare la cosa giusta?

Professore: Esatto! Ora vi racconto una storia che è veramente successa… niente a che vedere con fiction o serie TV. Tempo fa un antropologo propose un semplice gioco a un gruppo di bambini di una tribù africana. Mise un cesto di frutta matura e colorata vicino a un grande albero che svettava fiero nel cuore del villaggio e disse loro che chi sarebbe arrivato primo avrebbe vinto tutta la frutta.Quando il segnale fu dato, ci si sarebbe aspettati una corsa frenetica, ognuno con gli occhi puntati sul premio. Ma quello che accadde fu straordinario, un gesto così naturale da apparire magico agli occhi di chi guardava. I bambini, senza esitare, si presero per mano e insieme corsero verso il cesto. Non ci fu competizione, né bottini da nascondere. Una volta raggiunto il cesto, si sedettero in cerchio e godettero insieme del premio. L’antropologo, stupito e incuriosito, domandò loro perché avessero scelto di correre insieme, rinunciando alla possibilità di vincere tutto per sé. La risposta dei bambini, semplice e potente, fu: “Ubuntu” che significa “Io sono perché noi siamo” In poche lettere si cela la grandezza di chi non cerca il proprio interesse, ma il bene di tutti. “Come potrei essere felice se tutti gli altri sono tristi?”. Ubuntu è il sacrificio che diventa forza, è la cooperazione che trasforma l’individualità in un’armonia collettiva. Ubuntu è “Come potrei essere felice se intorno a me  gli altri sono tristi?” Ubuntu è “Come potrei mangiare a sazietà se intorno a me gli altri muoiono di fame?”

Ricordatevi sempre di questa parola, potrà fare la differenza nella vostra e nella vita degli altri. E se tra voi ci saranno future imprenditrici o imprenditori, quando dovrete prendere decisioni  fatelo pensando al bene comune, non solo al vostro interesse personale. Non siate ossessionati dai guadagni, ma guardate all’impatto che i vostri comportamenti determineranno sugli altri e sul pianeta. Non siete solo i capi, siete parte di qualcosa di più grande. Magari sarete proprio voi a cambiare le regole del gioco! 

Allora, siete pronti a diventare i supereroi della nuova generazione di imprenditori? Pensateci bene, ragazzi: preferite essere ricordati come quelli che hanno fatto soldi a palate, o come quelli che hanno reso il mondo un posto migliore per tutti? Sapete bene che non vi verrà data un’altra possibilità!    

 ( di Alessandra Sanna)

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